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MODA E VINO: UN BRINDISI INSIEME ALLA CAPPELLERIA PALLADIO

Il cappello deve essere un prodotto artigianale e di qualità, fatto a mano e preferibilmente in Italia

Ancora per qualche giorno era il XIX secolo quando cominciò l’avventura della Cappelleria Palladio, nel centro di Vicenza, a un passo dall’incantevole Piazza dei Signori. Il là lo diede un trisavolo dei Roviaro, la famiglia che, ormai alla quarta generazione, ancora oggi conduce questa gemma di eleganza dedicata a uno degli accessori più chic dell’abbigliamento. Una storia imprenditoriale che si snoda lungo le vicende della Storia con la maiuscola, come spiega Martino: «Nel 1899 il trisavolo aveva un banco di cappelli nella piazzetta qui di fronte e trasmise la passione a nonno Ferruccio. Fu lui nel Primo dopo guerra ad acquistare il primo locale, che ancora oggi è parte della Cappelleria Palladio. L’attività sopravvisse anche alla Seconda guerra mondiale e la svolta la diede mamma Antonia, che impose un occhio più commerciale: negli anni Sessanta e Settanta con papà Santo hanno allargato gli spazi e i fornitori, dando campo a nuovi articoli e colori, che sapessero andare oltre i tradizionali neri e grigi.

Scopri il negozio: https://www.cappelleriapalladio.com

Poi è toccato a lei portare avanti il nome di famiglia. Non è stato un ingresso immediato, però.

Siamo quattro fratelli e io sono il terzogenito. Gli altri hanno preso strade molto diverse e pure io, che sono laureato in agraria, ho lavorato come agronomo in Francia e in Kenya. Poi a quarant’anni ho sentito il richiamo di una passione che ho coltivato fin da bambino, quando il sabato e la domenica venivo in bottega ad aiutare mamma e papà.

Le è servito fare altro?

Fondamentale. Viaggiare e lavorare in azienda mi hanno aperto la testa e mi hanno permesso di portare in quest’attività una visione che altrimenti non avrei mai avuto. Pensi che quando sono rientrato non c’era neanche un vero inventario di magazzino. Poi ho introdotto l’uso dei social, che oggi è indispensabile, organizzo eventi per contaminare positivamente l’attività, come degustazioni di vini associate a esposizioni di cappelli originari della zona in cui sono prodotti.

Il cappello è un accessorio di grande eleganza, anche se apparentemente viene usato sempre meno. Come affrontate questa tendenza?

Non è vero che sia in disuso, è un articolo che va a cicli. E molto dipende anche da fattori imprevedibili. Per esempio, i ragazzi mi chiedono i cappelli irlandesi perché li hanno visti nella serie di Netflix «Peaky Blinders» o le ragazzine la bombetta perché l’ha indossata Cara Delevingne alle nozze di Eugenie di York.

Il cilindro lo usa ancora qualcuno?

Eccome. A parte i prestigiatori o i cocchieri che vengono a comprarli da noi, vicino a Vicenza ci sono due basi militari americane e per loro ai matrimoni è indispensabile.

Cosa distingue un cappello che può essere accolto nella vostra selezione?

Deve essere un prodotto artigianale, fatto preferibilmente in Italia o almeno in paesi storicamente vocati alla produzione di cappelli. Quindi, fatti a mano, di qualità e mai sintetici: d’estate paglia, seta, cotone. D’inverno, lana, cachemire, feltri. Capaci di unire una grande eleganza alla praticità.

Cosa intende per cappello elegante?

Quando dà un tocco in più senza farsi notare troppo. La moda passa, lo stile resta. Un bel cappello degli anni Cinquanta rimane bello oggi e lo rimarrà tra cento anni. Inoltre, naturalmente deve abbinarsi col resto dell’outfit, ma soprattutto deve star bene col viso della persona. E io non insisterò mai per vendere un cappello che sta male.

Quanto c’è della città di Vicenza nella vostra storia?

Tutto. Ai tempi di mio nonno a Vicenza c’erano diciassette cappellerie e oggi a Marostica c’è il Museo della paglia. La Cappelleria Palladio e Vicenza sono indissolubili. Per quello che la città ci ha dato, ma anche per quello che noi, nel nostro piccolo, abbiamo dato alla città. Quante volte mi sento dire: «Ah, mio nonno aveva un vostro cappello», «Mia zia veniva sempre da voi», «Mia madre si è sposata con una vostra veletta». Ci conoscono tutti, siamo il negozio di accessorio e abbigliamento più antico della città.

E il valore della famiglia?

Anche questo tutto. La passione è passata geneticamente, insieme alla dedizione e magari a qualche pianto. Ma siamo ancora qui, dopo più di 120 anni.

Voglio brindare a noi figli delle aziende familiari, che in momenti di grandi cambiamenti riusciamo a portare avanti la tradizione con dedizione, forza e amore.

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