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Foss Marai e Valentino Moro insieme per una Sfida

La nostra azienda – da sempre vicina al mondo dell’arte – ed il noto Scultore veneto hanno donato un monumento al Comune di Colle Santa Lucia (BL), in celebrazione del meraviglioso territorio

Sabato 10 ottobre, presso il Belvedere di Colle Santa Lucia (BL), alla presenza della comunità e di numerosi ospiti ed istituzioni, è stata inaugurata la sorprendente opera realizzata a mano dall’artista veneto Valentino Moro: un larice in ferro lungo sette metri, di grande impatto visivo, che si presenta sradicato dal terreno – a rappresentare la devastazione – ma con il germoglio di una nuova esistenza che si sviluppa, fiera, dal suo tronco tramortito. La scultura, nominata Sfida proprio per raffigurare lo sforzo vittorioso del ritorno alla vita, è installata a picco sul vuoto, di fronte all'incantevole veduta della Marmolada.

Con il contributo musicale della Banda da Fodom, al taglio del nastro, insieme al Sindaco di Colle Santa Lucia prof. Paolo Frena - si sono succedute diverse autorità sul palco, di fronte al monumento, per portare il proprio saluto: il Parlamentare Roger De Menech, il Consigliere Regionale e Sindaco di Selva di Cadore Silvia Cestaro, il Presidente dell’Unione montana agordina Michele Costa, l’Assessore regionale del Trentino Alto Adige Manfred Vallazza.

Coesione, solidarietà, determinazione. Questi sono i valori che l’opera rappresenta e che sono emersi dal discorso del Sindaco e dagli interventi degli ospiti, moderati dal Direttore dell’Istituto culturale ladino “Cesa de Jan”, Denni Dorigo. “Un’opera”, come ha raccontato la curatrice Lorena Gava, “che sintetizza magnificamente la volontà di resistere, di superare il dolore dell’immane tragedia della tempesta Vaia”. “Una scultura – ha voluto anche sottolineare con il suo contributo Carlo Biasiotto, Presidente di Foss Marai, “che simboleggia la volontà e la fermezza nel voler ricostruire, andare avanti, non arrendersi mai”.

Una meravigliosa giornata di sole ha coronato questa manifestazione gioiosa, intensa e commovente, espressione stessa della forza e della profonda unità di queste genti ferite, ma non piegate. A dimostrazione che la sfida, possiamo proprio dirlo, è già stata orgogliosamente vinta.

ABOUT

Valentino Moro (www.valentinomoro.com)

Affascinato dalla materia e dalla magia delle mani, da oltre quarant’anni lavora, modella e “scolpisce” il ferro con esiti di straordinaria maestria e abilità. Da tempo esplora la materia oltre i confini dell’artigianato fino a trovare una propria invenzione della forma.

La passione quasi viscerale per il ferro inizia all’età di quattordici anni quando, nella bottega del cugino, apprende le tecniche basilari legate alla forgiatura e saldatura. Attraverso l’esercizio e la prassi costante, superati i vent’anni, intraprende un cammino da solista che lo porta sui sentieri dell’arte.

Il ferro si piega a leggere e reinterpretare il mondo della natura, nella fattispecie la pianta della vite che con i tralci nerboruti e contorti rappresenta una sorta di sfida al suo inesauribile estro creativo. Grappoli d’uva e melograni popolano le creazioni, tronchi possenti e rami flessuosi sono il simbolo di una terra ubertosa e di un paesaggio la cui bellezza è stata riconosciuta Patrimonio dell’Umanità.

La progettualità di Valentino Moro trova nel disegno un medium speciale, come nelle passate botteghe rinascimentali. L’esperienza grafica, infatti, traduce le forme complesse che il ferro e il fuoco, nell’ incantevole processo alchemico, restituiscono in fogge tridimensionali perfettamente eseguite. Accanto al ferro, la pietra, il vetro e il cemento costituiscono l’orizzonte in cui le mani si muovono magistralmente e alacremente per definire opere sempre nuove che, in tempi recenti, hanno assunto le dimensioni e le proporzioni di autentici monumenti.

L’inconfondibile linguaggio reso possibile da una eccezionale sapienza tecnica rendono il suo stile unico, capace di slanci e virtuosismi decisamente attuali che confermano la vocazione a impensabili innovazioni sul solco di una tradizione antica che ancora oggi tanto affascina e attrae.

L’aquila.

di Marcello De Martino Rosaroll (In memoria del 27 - 29 ottobre 2018)

Ahi! Il vento offende l’anima.
È una sera senza più giorno.
Mille, fra le torri d’abete
e di larice,
sfidano orgogliose
il vortice inaudito di Vaia.
Troppo è l’oltraggio.
Giacciono, oramai,
tra il trifoglio e l’umido fungo.
Il capriolo stordito
nasconde i lacrimosi occhi
tra rocce che rimbombano il tuono
e sterpi aggrappate alla terra,
odorosa di bosco morente.
È una notte che respira paura.
Persino la lince
dal balzo veloce
nasconde se stessa
alla Luna, che, pudica,
si accende nel cielo,
per spegnere ogni raggio argentato
tra nembi adombrati
e voragini d’acqua cattiva.

Il mattino, è una tomba
di legno,
di incredule frasche,
di ragni stupiti
che non sanno più tessere,
di cicale silenti
che non sanno più
frinire d’amore.
Poi, il silenzio si tace
ed il merlo tenace
rinnova il suo canto.
Il salice rotto
sa che tutto è finito
ma riprende caparbio
a far nascere i rami,
mentre il Sole
sbaraglia la notte
e la vita si accende.
Sarà un bosco diverso.
Ci vorranno decine di Lune.
Ma la foresta ritorna padrona
ed il gallo ritorna a cantare.
L’idea del domani,
come l’aquila in cielo,
ha l’ala ferita
ma sta ,di nuovo, volando!

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